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al testo di Amina Narimi
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Calò profonda la notte turchina. Appena un lampo trasse per me antiche cose, figure dagli occhi chiusi, e un senso largo di religione. Non seppi fare altro che lasciarle affondare di nuovo. Laggiù
era presente un’immagine -prima di essere vissuta- chiara, tutta in una volta:
ricordo vivo il puro sapore E quelle parole… < Com’è stretto qui dove ci amiamo > Splendeva il guscio, come una ghianda al principio della sua vita. integrando l'ombra, per non ucciderla, trasformata, e perfetta, da un sonno profondo?
salvare il divino della bambina. del suo fegato, in abbondanza, dove si accumula in luce tutto il compiuto fino all’ultima goccia di pan-kréas, ogni carne della bellezza, fino a guarire i tuoi occhi ;
non è soltanto una νέκυια- io credo- nel caldo dell’ombelico, con l’anima immersa nel sacro del rosso inesorabile. >
con piedi diversi, uno di terra l'altro solare, verso il cono più alto e il basso dell’ombra ?
< Da un luogo inaspettato, le stanze sigillate del tesoro. Il miracolo che fa che ciò avvenga ha nelle mani qualcosa che brilla, la sua ombra è quella bambina che cresce, in mezzo alla gola, dove branchi di animali come un fiume il percorso amorevole del sole, poi ripartono. > Grazie a te
in questa immagine, più lunga della vita, il nostro seme vola, fra gli stessi alberi, ad accogliere la luce. |
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